LA CORTE DI APPELLO
   Sciogliendo  la  riserva formulata all'udienza del 27 novembre 1995
 in ordine alla dichiarazione di ricusazione  depositata  in  data  10
 novembre  1995  da  Gregorio Catrambone nei confronti del giudice per
 l'udienza preliminare presso il tribunale  di  Genova  dott.  Roberto
 Fucigna;
   Visto il parere del p.g. contrario all'accoglimento dell'istanza;
   Viste  le  conclusioni  rese  da  parte  dei  difensori  del citato
 ricusante all'udieza suindicata;
                             O s s e r v a
   L'avv. Gregorio Catrambone ha proposto dichiarazione di ricusazione
 ai sensi dell'art. 37,  lett.  a),  del  primo  comma,  in  relazione
 all'art.    36,  lett.  a),  del  primo  comma, del c.p.p., in data 4
 ottobre 1995.
   Tale dichiarazione di ricusazione  e'  stata  rigettata  da  questa
 Corte con ordinanza del 4 novembre 1995.
   Lo  stesso  Catrambone  ha  riproposto,  sempre  nei termini di cui
 all'art.   38, primo  comma,  del  c.p.p.,  la  presente  istanza  di
 ricusazione, in relazione all'art. 37, primo comma, lett. a) sotto il
 profilo   dell'incompatibilita'  del  dottor  Fucigna  a  partecipare
 all'udienza  preliminare  ai  sensi  dell'art.  34,  secondo   comma,
 richiamato  dall'art.    36,  primo  comma,  lett.  g),  a  sua volta
 richiamato dal predetto art.  37, rilevando che esso magistrato e' lo
 stesso che ebbe ad emettere nei suoi riguardi ordinanza  di  custodia
 cautelare nel corso delle indagini preliminari e a respingere una sua
 istanza   intesa   alla   revoca   della   misura   o   quanto   meno
 all'attenuazione della medesima.
   La difesa ha, con memoria 27 novembre 1995, sollevato questione  di
 legittimita' constituzionale dell'art. 34, secondo comma, del c.p.p.,
 in relazione agli articoli 3, 24 e 25 della Costituzione, nella parte
 in  cui  non  prevede  l'incompatibilita' del giudice per le indagini
 preliminari che ha  emesso  un  provvedimento  coercitivo  e  che  ha
 giudicato  sulla  richiesta  di  revoca  dell'ordinanza  di  custodia
 cautelare  in  carcere,  a  partecipare   alla   successiva   udienza
 preliminare a carico dello stesso imputato.
   L'eccezione  si  richiama  alla  giurisprudenza  costituzionale  in
 materia di  incompatibilita'  ed  in  particolare  alla  sentenza  n.
 432/1995.
   Tanto  premesso,  si  rileva  che  allo  stato  attuale del diritto
 positivo la denunciata incompatibilita' non e'  configurata,  neppure
 alla    luce   della   dianzi   accennata   decisione   della   Corte
 costituzionale, che  ha  dichiarato  l'illegittimita'  costituzionale
 dell'art.  34,  secondo  comma,  del  c.p.p.  nella  parte in cui non
 prevede che non  possa  partecipare  al  giudizio  dibattimentale  il
 giudice  per  le  indagini preliminari che abbia applicato una misura
 cautelare personale nei confronti  dell'imputato.  L'incidenza  della
 pronuncia  di  parziale  incostituzionalita' della norma non puo' che
 essere circoscritta alla fattispecie legale esaminata.
   La norma, di stretta interpretazione,  resta  tuttora  priva  della
 previsione  di  una attivita' provvidimentale cautelare personale del
 giudice in funzione di g.i.p. come  attivita'  incompatibile  con  la
 celebrazione  dell'udienza preliminare da parte dello stesso giudice,
 per  cui  la  presente  ricusazione  sarebbe  da  disattendere,   pur
 riconoscendosi nella fattispecie la sussistenza del primo presupposto
 dell'incompatibilita',  ossia  la  valutazione  di  merito  della res
 judicanda operata dal dott.  Fucigna allorche' emise  l'ordinanza  di
 custodia  cautelare  nei  confronti  dell'avv.  Catrambone,  idonea a
 determinare  un  possibile  condizionamento  in   sede   di   udienza
 preliminare, in aderenza alla pronuncia della Corte costituzionale n.
 432/1995.
   Occorre  peraltro  verificare  se  l'udienza  preliminare abbia una
 portata   meramente   rituale   oppure   se   comporti    valutazioni
 contenutistiche, tanto da assurgere ad un giudizio di merito e non di
 mera legittimita' circa la correttezza delle fonti di prova.
   A  tale  proposito  non puo' fare a meno la Corte di considerare le
 argomentazioni svolte nell'ordinanza  del  giudice  per  le  indagini
 preliminari  presso  il tribunale di Roma in data 18 maggio 1995 che,
 sollevando questione di  legittimita'  costituzionale  dell'art.  34,
 secondo  comma, del c.p.p., ha evidenziato come la novella introdotta
 con legge 8 aprile 1993, n. 105 abbia  comportato  l'abrogazione  del
 criterio  dell'evidenza affermato dall'art. 425 del c.p.p. e pertanto
 reso piu' pregnanti i poteri di cognizione del g.u.p.,  tenuto  ormai
 ad   una  attivita'  conoscitiva  approfondita  dei  risultati  delle
 indagini preliminari al  fine  di  scegliere  tra  la  pronuncia  del
 decreto  che dispone il giudizio oppure della sentenza di non luogo a
 procedere,  con  la  conseguenza  di  affievolire   la   connotazione
 meramente rituale dell'udienza preliminare e di annettere alla stessa
 i caratteri del giudizio di merito.
   Se  quindi  sono  venute  meno le limitazioni valutative del g.u.p.
 legate al cennato criterio dell'evidenza e si impone allo stesso  una
 approfondita  disamina  dei  contenuti delle indagini preliminari, si
 prospetta   un'ipotesi   di   sua   incompatibilita'   quando   abbia
 precedentemente  adottato  una  misura  cautelare in veste di g.i.p.,
 come appunto nel caso di specie: ipotesi di incompatibilita' tuttavia
 normativamente non contemplata.
   Assume allora significato determinante la questione di legittimita'
 costituzionale di cui in premessa, sulla rilevanza della  quale  agli
 effetti  della  decisione  sulla  proposta  ricusazione  non  possono
 sussistere  dubbi,  in  quanto   l'accoglimento   dell'eccezione   di
 incostituzionalita' determinerebbe la sussunzione della situazione in
 oggetto  tra  le  figure  normative  di  incompatibilita', in modo da
 precludere  al  magistrato  ricusato   di   partecipare   all'udienza
 preliminare e di provvedere al giudizio definitivo di detta udienza.
   Quanto  al  merito,  la  non  manifesta infondatezza dell'eccezione
 deriva dalla recente decisione della Consulta, di  portata  additiva,
 che,  ravvisando  nell'adozione  da parte del giudice per le indagini
 preliminari di una misura cautelare una valutazione di merito, lascia
 sussistere fondatamente il dubbio che il  medesimo  magistrato  possa
 essere  soggetto  ad  una possibile compromissione della genuinita' e
 correttezza del processo formativo del convincimento nella  sede  del
 successivo   giudizio   conclusivo   dell'udienza   preliminare,  con
 possibile pregiudizio, sebbene involontaria, della sua  imparzialita'
 ed  indipendenza,  nonche'  con  profili di incostituzionalita' quali
 denunciati  nell'eccezione  medesima,  ossia   per   violazione   del
 principio  di uguaglianza sancito dall'art. 3 della Costituzione, per
 menomazione del diritto di difesa affermato dall'art. 24, e da ultimo
 per violazione dell'art. 25, posto a  tutela  dell'imparzialita'  del
 giudice.  Va  a  questo punto soggiunto che le esposte considerazioni
 rilevano anche ai fini del  giudizio di  legittimita'  costituzionale
 dell'art.  34,  secondo  comma, del c.p.p. nella parte in cui prevede
 l'incompatibilita'  con  esclusivo  riguardo  al  "giudizio",  e  non
 all'udienza   preliminare.    Tale  norma  appare  cioe'  affetta  da
 illegittimita'  costituzionale  anche  laddove  utilizza  il  termine
 "giudizio", escludendo implicitamente l'udienza preliminare, giacche'
 non e' in grado di ovviare al pericolo di prevenzione che la sentenza
 della  Corte costituzionale n. 432 del 1995 ha inteso evitare, inteso
 come naturale tendenza a mantenere un giudizio  gia'  espresso  o  un
 atteggiamento  gia' assunto in altri momenti decisionali dello stesso
 procedimento. Anche l'udienza preliminare non e'  certamente  indenne
 da  tale  "forza  della  prevenzione", per cui non sembra esservi una
 plausibile  ragione  per  escludere  la  stessa  dalle  garanzie   di
 imparzialita'  e indipendenza sottese all'art. 25 della Costituzione,
 che assume ulteriore rilievo  sotto  questo  aspetto,  non  preso  in
 considerazione nelle precedenti pronunce della Corte.
   In  tale  prospettiva  non  sembrano  pertanto  assumere  dirimente
 rilievo le  innegabili  differenze  tra  l'udienza  dibattimentale  e
 quella   preliminare,  posto  che  comunque  anche  la  decisione  di
 quest'ultima e', come  si  e'  detto,  connotata  da  valutazioni  di
 merito,  che  inducono  a  ravvisare nell'art. 34, secondo comma, del
 cod. proc. penale, profili di incostituzionalita' per violazione  del
 citato  art.  25  della Costituzione, nonche' degli articoli 3, primo
 comma, e dell'art. 24, secondo comma, nella parte in cui non  prevede
 che  non  possa  partecipare  alla  medesima il g.i.p.   che abbia in
 precedenza   applicato   una   misura   cautelare    nei    confronti
 dell'imputato.
   Resta  da  vedere se la questione di costituzionalita' possa essere
 sollevata davanti al giudice competente a decidere sulle ricusazioni.
   Al riguardo si richiamano le considerazioni  svolte  nell'ordinanza
 di  questa  Corte in data 13 novembre 1995, con la quale, pur dandosi
 atto delle perplessita' sulla proponibilita' di detta  questione,  si
 e'   concluso   in   senso   positivo,   superando   le   difficolta'
 interpretative poste dall'art. 23 della legge 11 marzo 1953,  n.  87,
 il  cui  tenore  letterale  sembrerebbe di segno opposto, parlando di
 "giudizio" e non di procedimento, quale  e'  il  presente  di  natura
 incidentale.
   Non  e' dato invero di ravvisare ragioni convincenti per addivenire
 ad una affermazione di improponibilita' di questioni del genere in un
 procedimento incidentale, quando esse si prospettino con i  requisiti
 della   non   manifesta   infondatezza  e  della  rilevanza  in  sede
 giurisdizionale, imponendosi in caso contrario l'applicazione di  una
 norma  pur  ravvisata  incostituzionale,  con possibile vanificazione
 anche della successiva attivita' processuale davanti al  giudice  del
 "merito".  Tanto  piu' in una fattispecie come quella in esame in cui
 il problema di costituzionalita' e'  risolvente  agli  effetti  della
 compatibilita' del g.u.p. a decidere il caso.